MY STAR WARS FAMILY
fotografie di Annalisa Brambilla
a cura di Elisa Bianchi Testoni e Marco Brioni
Londra, 2011.
Annalisa Brambilla si è trasferita da qualche tempo nell’East London. Nel suo quartiere la domenica c’è un mercato delle pulci, e qui un giorno compra una vecchia macchina fotografica da Matt, che abita qualche via più in là insieme alla moglie Shaila e ai figli Sofia, Zain, Raeef e Ibrahim: sono la famiglia Habib-Robinson.
Diventano amici. Annalisa frequenta la loro casa e ogni tanto passa un po’ di tempo con i bambini. Fotografarli è per lei naturale e i suoi scatti conservano tutta la leggerezza e la spontaneità di un dialogo mai forzato. Forse la fotocamera è la giusta chiave di ingresso, perché le loro dinamiche, così emotivamente intense, la affascinano ma allo stesso tempo le risultano imperscrutabili. L’atmosfera è leggera: Matt e Shaila le lasciano spazio e fiducia. Sono alla ricerca di una ragazza alla pari che li aiuti nella gestione dei quattro bambini, tra gli undici e i quattro anni. Fanno un patto: lei si trasferirà a casa loro per aiutarli, ottenendo in cambio un accesso diretto e intimo alla famiglia per realizzare il suo lavoro fotografico. E così, insieme al suo aiuto, accolgono la sua idea con calore, fiducia e supporto.
Quando Annalisa si sposta a casa Habib-Robinson per tre mesi, Zain ha otto anni e una diagnosi di autismo grave. Non parla, non è autonomo, e segue a casa il metodo educativo ABA (Analisi Comportamentale Applicata). In più, lui, Raeef (sette anni) e Ibrahim (quattro anni) soffrono di un’intolleranza alimentare difficile da gestire. Al mattino Sofia (undici anni) esce per andare a scuola insieme a Raeef. Lei è la sorella maggiore e sa tutto dei suoi fratelli: cosa può mangiare ciascuno di loro, quali creme o detergenti possono o meno essere utilizzati, dove sono riposti i giochi e i vestiti dell’uno o dell’altro, quando arriva il maestro di Zain… Sofia legge Harry Potter e a volte suona il piano.
Matt lavora spesso di notte come montatore video per programmi televisivi e i suoi orari sono incompatibili con quelli famigliari; Shaila si occupa dei bambini e frequenta un corso universitario per diventare nutrizionista e poter così gestire a pieno titolo il delicato regime alimentare dei figli. Al martedì segue i corsi e studia: è l’unico giorno che dedica (in parte) a se stessa.
I bambini passano molto tempo in casa, un tipico edificio di epoca vittoriana dell’East London, con il giardino sul retro e un grande bagno chiamato The Trust Toilet: una vasca da bagno al centro e una tenda al posto della porta. Raeef è appassionato di Star Wars e con Ibrahim gioca di continuo, intrecciando fantasie in cui tutti restano imbrigliati. È lui che casualmente suggerisce il titolo My Star Wars Family ad Annalisa. «Lisa, look what I have done!» dice mostrandole un disegno. È perfetto.
My Star Wars Family descrive l’universo di una famiglia numerosa, che affronta la vita e l’autismo in tutte le possibili sfumature, tra sfide, scoperte, dolori e speranze. Narra un viaggio quotidiano tra sentimenti contrastanti, amore e sofferenza, pazienza e fatica, intimità, appartenenza, ma anche solitudine. Un equilibrio fragile, dove forze potenti sono costantemente in gioco per tenere unito un nucleo in cui ogni persona è unica e straordinaria.
My Star Wars Family non vuole spiegare nulla, chiede solo di guardare, sentire e stare.
È una narrazione intima che si avvale di un linguaggio fotografico affettivo, nella quale l’autismo non è una condizione da spiegare ma un territorio da abitare, un universo di emozioni profonde, relazioni complesse e gesti piccoli ma carichi di un significato assoluto. Conduce in una dimensione “altra” – un tempo e uno spazio sospesi –, dove i confini tra inizio e fine, reale e immaginario si confondono e l’ideale astratto di perfezione cede il passo alla meraviglia della semplicità.
